mercoledì 29 giugno 2016

Disegno -  tecnica pastelli di  ©Salvo Galiano





"Una Favola di Esòpo antichissima, risale alla tradizione pre-greca e si trova nella storia babilonese di Etana".



  L'Aquila e la Volpe.

L'amicizia tradita

Un'aquila e una volpe, fattesi amiche, stabilirono di abitare una vicino all'altra, pensando che la vita in comune avrebbe rafforzato la loro amicizia.
Ed ecco che la prima volò sulla cima di un albero altissimo e vi fece il suo nido; l'altra strisciò sotto il cespuglio che cresceva ai suoi piedi e qui partori i suoi piccoli. Ma un giorno, mentre la volpe era uscita a cercar da mangiare, l'aquila afferrò i volpacchiotti e se ne fece una scorpacciata insieme con i suoi figli. Quando, al suo ritorno, la volpe vide che cosa aveva fatto, fu colta da un dolore che non era nemmeno tanto grande per la morte dei suoi piccoli, quanto per il pensiero della vendetta: animale di terra, essa non aveva infatti la possibilità di inseguire un volatile. Perciò, immobile, di lontano, unico conforto che rimane ai deboli e agli impotenti, scagliava maledizioni sulla sua nemica.
Ma non passò molto e toccò all'aquila scontare il suo delitto contro l'amicizia.
Infatti, un giorno che in campagna si offriva in sacrificio una capra agli dèi, essa piombò giù e si portò via dall'altare uno dei visceri che stava prendendo fuoco; ma quando l'ebbe trasportato nel suo nido, un forte soffio di vento lo investì e da qualche filo di paglia secca una vivida fiammata.
Cosi i suoi piccoli volatili, ancora impotenti, furono bruciati e cascarono al suolo.
La volpe accorse e se li divorò tutti sotto gli occhi della madre.

La favola mostra come coloro che tradiscono l'amicizia, se anche, per l'impotenza delle vittime, sfuggono alla loro vendetta, non riescono però mai ad evitare la punizione degli dèi.








martedì 28 giugno 2016


Giovanni Gherardo de Rossi



Poesia

Il Verme e la Zanzara

Disegno - tecnica Pastello di  ©Salvo Galiano


" Io voglio che l'inclita
mia stirpe conosca",
un verme vilissimo
diceva alla mosca.

" Io nacqui dal femore 
di nobil destriero,
che vanta un arcàvolo
nei canti d'Omero".

E l'altra: " non dubito
di quello che affermi:
illustre è l'origine,
ma i vermi son vermi".

O figli degeneri,
o sangue d'eroi,
leggete l'apologo:
è fatto per voi.

Apologo: Vera nobiltà è quella che ci deriva dalle buone opere e dai sentimenti elevati dell'anima.
Il resto è vanagloria: Fumo e nient'altro.

Giovanni Pascoli





Il Cane


Noi, quando il mondo va per la sua strada,
noi ci rodiamo, e in cuor doppio è l’affanno,
e perché vada, e perché lento vada.

Tal, quando passa il grave carro avanti del casolare,
che il razzon normanno stampa il suol
con zoccoli sonanti,

sbuca il can dalla fratta, come il vento;
lo precorre, rincorre; uggiola, abbaia.
Il carro è dileguato lento lento; il cane torna sternutando all’aia.

Giovanni Pascoli


“Difficilmente noi siamo contenti, che se anche lieti, ci rodiamo che il tempo passi tanto presto, mentre, se tristi, ci pare trascorra con una lentezza mortale.
E intanto il mondo segue indifferente la sua via: come il carro pesante che passa oltre e non s’arresta se il cane del casolare gli uggioli o gli abbai d’attorno”.